L’unità incardinata presso l’Università di Milano si concentrerà sulla prosa letteraria greca di età imperiale, con particolare riferimento (a) al romanzo e (b) alla produzione retorica pagano-cristiana di IV e V secolo. La premessa metodologica e scientifica della ricerca consiste nella constatazione – ampiamente condivisa dalla comunità degli studiosi – che la prosa imperiale recepisce e ri-codifica, in un amalgama nuovo, le voci dei generi letterari legati all’età della polis. Il fenomeno è vasto e complesso, stratificato nel tempo e nello spazio, e la ricerca può assumere proporzioni ragionevoli solo alla luce di alcune premesse e precisazioni, strettamente interconnesse. Le premesse anzitutto. I generi letterari conoscono una forte ibridazione già nella tarda età classica: due punti di riferimento fondamentali sono Platone e Isocrate, che, in modi diversi, si appropriano dei generi tradizionali, dando vita a una prosa d’arte in cui confluisce l’intero patrimonio letterario dei Greci, in una prospettiva che in parte guarda già oltre l’età della polis. La seconda premessa è la seguente: insieme a Omero (che era peraltro spesso sentito come un “tragico”), fra le voci poetiche che trovano risonanza nella prosa il teatro ha un ruolo cruciale. La tragedia e la commedia, d’altra parte, erano di per sé una sintesi dei generi poetici più antichi, e seppero imporsi prima come voce inconfondibile di una polis, Atene, e poi – con un processo di rapida disseminazione – divennero fondamentale fattore identitario della civiltà greca nel suo complesso.
Appunto l’identità diventa allora il perno concettuale attorno al quale ruota la ricerca. Il nuovo ruolo della nazione greca in epoca imperiale obbliga gli intellettuali a creare percorsi di espressione nuovi, che completino la trasformazione della letteratura da voce della polis a voce di una “provincia” (una provincia, peraltro, ben consapevole della propria centralità culturale e del proprio ruolo dominante nella parte orientale dell’impero). In questo processo di ripensamento la produzione letteraria, nelle forme in particolare del romanzo e della retorica epidittica, occupa una posizione di rilievo. Il romanzo greco (un meta-genere che supera tutti i generi preesistenti e tutti li sussume in sé) e la retorica epidittica (che rimanipola la tradizione erudita) sono le forme letterarie cui la mente greca ricorre per mettere a punto nuovi strumenti di interrogazione della realtà. La “teatralità” caratterizza la produzione retorica (e il romanzo in particolare) a due livelli. Da un lato, è ben noto come stilemi del teatro classico ed ellenistico – anche attraverso la mediazione di nuove forme di spettacolo quali mimo e pantomimo – lascino un’impronta profonda nel genere romanzesco e più in generale nella produzione retorica, anche nelle sue forme storiografiche e poetiche. Dall’altro, il teatro sembra trasferire al romanzo il suo assunto profondo: la presa di coscienza di sé attraverso il confronto con vicende esemplari.
Allo studio di questi nuovi generi i membri dell’unità hanno dato già contributi importanti, che ora intendono proseguire con decisione. A titolo esemplificativo, temi portanti saranno:
- compresenza di identità locali e globali: il romanzo come voce privilegiata della “glocalizzazione” greca sotto i Romani;
- estetica del romanzo: lo sviluppo di enargeia e phantasia nel quadro di una narrazione, lato sensu, “ecfrastica”, in rapporto con i modelli antichi, la scuola (progymnasmata e oratoria) e lo spettacolo popolare;
- il romanzo greco nel quadro della prosa imperiale: i reciproci rapporti tra la fiction e gli altri generi prosastici di età imperiale;
- fortuna e trasformazione del romanzo in età bizantina: la componente teatrale si ripropone nelle nuove forme, apertamente drammati
Appunto l’identità diventa allora il perno concettuale attorno al quale ruota la ricerca. Il nuovo ruolo della nazione greca in epoca imperiale obbliga gli intellettuali a creare percorsi di espressione nuovi, che completino la trasformazione della letteratura da voce della polis a voce di una “provincia” (una provincia, peraltro, ben consapevole della propria centralità culturale e del proprio ruolo dominante nella parte orientale dell’impero). In questo processo di ripensamento la produzione letteraria, nelle forme in particolare del romanzo e della retorica epidittica, occupa una posizione di rilievo. Il romanzo greco (un meta-genere che supera tutti i generi preesistenti e tutti li sussume in sé) e la retorica epidittica (che rimanipola la tradizione erudita) sono le forme letterarie cui la mente greca ricorre per mettere a punto nuovi strumenti di interrogazione della realtà. La “teatralità” caratterizza la produzione retorica (e il romanzo in particolare) a due livelli. Da un lato, è ben noto come stilemi del teatro classico ed ellenistico – anche attraverso la mediazione di nuove forme di spettacolo quali mimo e pantomimo – lascino un’impronta profonda nel genere romanzesco e più in generale nella produzione retorica, anche nelle sue forme storiografiche e poetiche. Dall’altro, il teatro sembra trasferire al romanzo il suo assunto profondo: la presa di coscienza di sé attraverso il confronto con vicende esemplari.
Allo studio di questi nuovi generi i membri dell’unità hanno dato già contributi importanti, che ora intendono proseguire con decisione. A titolo esemplificativo, temi portanti saranno:
- compresenza di identità locali e globali: il romanzo come voce privilegiata della “glocalizzazione” greca sotto i Romani;
- estetica del romanzo: lo sviluppo di enargeia e phantasia nel quadro di una narrazione, lato sensu, “ecfrastica”, in rapporto con i modelli antichi, la scuola (progymnasmata e oratoria) e lo spettacolo popolare;
- il romanzo greco nel quadro della prosa imperiale: i reciproci rapporti tra la fiction e gli altri generi prosastici di età imperiale;
- fortuna e trasformazione del romanzo in età bizantina: la componente teatrale si ripropone nelle nuove forme, apertamente drammati