Studi in vitro sul neuroblastoma umano: determinazione del ruolo svolto dalla proteina DCX nei meccanismi di migrazione e invasività ed effetti del trattamento con acido retinoico.
Progetto Il neuroblastoma (NB) è il più comune tumore solido extracranico, di origine neuroblastica, dell'età infantile; l'alta capacità di generare metastasi è la causa primaria di morte nei pazienti affetti da questa patologia. L'acido retinoico (RA) è tra gli agenti farmacologici utilizzati nella terapia del NB, ma il suo meccanismo d'azione non è ancora stato completamente chiarito. Altri aspetti poco noti riguardano i meccanismi alla base dei processi di migrazione cellulare e invasività, nonché la recidiva dopo la terapia e la presenza di cellule resistenti ai trattamenti. Le linee cellulari di NB umano sono un importante strumento di studio, in vitro, di questo tumore, perché ne riflettono la tipica diversità fenotipica, fattore importante per la prognosi. In molte linee cellulari di NB sono presenti almeno tre sottotipi cellulari differenti, indicati come N (neuroblastico), S (non neuroblastico substrato-aderente) e I (intermedio fra N e S). I risultati precedentemente ottenuti, utilizzando la linea cellulare SK-N-SH, (Messi E. et al. BMC Cancer 8:30, 2008), indicano che solamente le cellule di tipo N possiedono un'elevata capacità migratoria e invasiva, caratteristiche correlate all'espressione di DCX, una proteina associata ai microtubuli, già nota per l'importante ruolo nella migrazione dei neuroblasti che formeranno la corteccia cerebrale. Le cellule che esprimono DCX non possiedono vimentina, la cui espressione nelle cellule N compare solamente dopo il trattamento con RA. Quindi l'analisi dell'espressione di DCX e di vimentina può fornire non solo un'utile informazione circa il grado di motilità e invasività cellulare ma anche la possibile risposta a RA; infatti, sebbene l'inibizione di DCX indotta da RA sembri essere irreversibile, abbiamo osservato delle cellule resistenti al farmaco che continuano ad esprimere questa proteina e che mantengono inalterata la capacità migratoria e invasiva. Inoltre, dopo il trattamento con RA sembra aumentare il numero di cellule indifferenziate di tipo I, che, come suggerito da altri studi, potrebbero essere la componente staminale del NB. Sulla base di tali premesse, il presente progetto si prefigge di: a) valutare gli effetti di un trattamento a lungo termine con RA, e della sospensione dal trattamento, allo scopo di monitorare l'aumento delle cellule indifferenziate; b) caratterizzare le cellule resistenti al trattamento e quelle indifferenziate, che potrebbero rappresentare la componente staminale tumorale, mediante l'analisi dell'espressione di diversi marcatori di staminalità potenzialmente utili ad uso prognostico; d) valutare se l'effetto di una terapia combinata di RA con altri farmaci sia in grado di impedire l'espressione genica di DCX anche nelle cellule resistenti all'azione di RA; e) valutare se l'effetto di RA sull'espressione di DCX sia mediato da altre molecole.