In questi ultimi anni sta acquistando sempre più importanza lo studio di metodi fotocatalitici da impiegare nella bonifica dell¿ambiente. Questa tecnologia si basa sulle buche elettroniche e sugli elettroni generati sulla superficie di un semiconduttore quando è illuminato da luce con energia maggiore di quella del suo band-gap. Questi elettroni e buche o si ricombinano o vengono coinvolti in reazioni redox.
L'ossido di titanio è il fotocatalizzatore più utilizzato grazie alle sue proprietà chimiche favorevoli, l'alta stabilità e il basso costo. Il band-gap del TiO2 è 3,2 eV, equivalente alla luce UV di 380 nm, e per questo motivo è fotoeccitato da lunghezze d¿onda nel vicino UV. Le buche generate sull¿ossido di titanio sono molto ossidanti e ci sono molti riferimenti in letteratura sull'utilizzo del TiO2 nella degradazione ossidativa di molecole organiche, sia in fase gas che liquida.
Le specie inorganiche, viceversa, con un potenziale di riduzione più positivo di quello di quello della banda di conduzione del semiconduttore possono consumare gli elettroni e completare il ciclo della reazione redox. Recentemente, è cresciuta l¿attenzione nei confronti della fotoriduzione catalitica di contaminanti inorganici. L'applicazione del processo di fotoriduzione catalitica per effetto del TiO2 rimuove efficacemente vari ioni metallici tossici come Cr(VI), Hg(II), Ag(I) e As(V)/As(III).
La ricerca si svilupperà nei riguardi dell'uso di TiO2 nanometrico per la rimozione di inquinanti sia in fase gas che liquida, paragonando l'attività di campioni commerciali e campioni "home-made" caratterizzati da dimensioni nella scala nanometrica ed alta idrofilicità.
In particolare, verrà studiata la degradazione degli NOx e del toluene in fase gassosa e dei tensioattivi (anionici e cationici) in fase liquida.
Lo studio verrà centrato anche sul confronto tra l'utilizzo di lampade che emettono nello spettro UV rispetto a lampade che simulano la radiazione solare.