Le recenti elezioni dell'aprile 2008 hanno visto una drammatica riduzione del numero dei partiti che siedono in Parlamento, una novità ragguardevole data la lunga tradizione di frammentazione del sistema politico italiano. Tale cambiamento rappresenta tuttavia soltanto metà della storia. Un sistema partitico, come noto, è caratterizzato non solo dal numero di partiti che effettivamente operano entro esso, ma anche dal tipo di interazione che li caratterizza. In questo senso, diventa interessante analizzare se le elezioni del 2008, rispetto a quelle del 2006, abbiano o meno prodotto un cambiamento nelle proprietà spaziali di un sistema partitico che dall'inizio della Seconda Repubblica è stato caratterizzato dall'esistenza di una competizione bipolare e polarizzata (intendendo con questa la presenza di due coalizioni spazialmente non prossime e che non tendono a convergere in modo centripeto). Per analizzare questo punto utilizzeremo la cosiddetta "teoria unificata della competizione partitica". Questo approccio presenta due vantaggi: da un lato, integra la prospettiva behaviorista sul comportamento elettorale con la teoria spaziale del voto che ricerca l'esistenza di un equilibrio di Nash nel posizionamento dei partiti. In secondo luogo, l'algoritmo che utilizzeremo per ricercare tali equilibri è altamente flessibile e permette di prendere in considerazione diversi possibili obbiettivi ricercati dai partiti (dalla massimizzazione dei voti, alla massimizzazione dei voti della coalizione, alla massimizzazione del margine di voti rispetto ad un altro partito). Attraverso il confronto tra gli equilibri derivati teoricamente in uno spazio unidimensionale sinistra-destra e la posizione attuale dei partiti (così come generalmente percepita dagli esperti), é possibile illuminare la logica che soggiace alla competizione spaziale nelle varie elezioni, e per questa via verificare se effettivamente qualche cosa è cambiato nelle proprietà sistemiche della competizione tra partiti in Italia tra il 2006 e il 2008.