RUOLO FISIOPATOLOGICO DELL'OSSIDO D'AZOTO NEL DANNO DEI CHERATINOCITI CONSEGUENTE A FOTOESPOSIZIONE AI RAGGI ULTRAVIOLETTI
Progetto I cheratinociti sono la componente cellulare predominante dell'epidermide e, in virtù della loro localizzazione, rappresentano i target cellulari iniziali di molti insulti ambientali, tra cui i raggi ultravioletti (UV), nei confronti dei quali costituiscono la prima barriera di difesa. Nonostante la particolare resistenza dei cheratinociti ai raggi UVB (290-320 nm), essenziale in cellule continuamente esposte all¿irraggiamento solare, il danno dei cheratinociti è uno degli eventi più significativi nel fotoinvecchiamento cutaneo (photoaging o dermatoeliosi) UVB-indotto. La fotoesposizione cutanea determina nei cheratinociti la liberazione di ROS (specie reattive dell¿ossigeno) e RNS (specie reattive dell¿azoto) i quali innescano una sequenza di reazioni radicaliche che interessa sia i bilayer fosfolipidici delle membrane citoplasmatiche, mitocondriali e nucleari (lipoperossidazione) che i costituenti cellulari ed extracellulari di natura proteica. Il danno ossidativo cellulare, l¿alterazione della proliferazione e l¿apoptosi dei cheratinociti, associati allo sviluppo delle alterazioni tipiche del processo di invecchiamento cutaneo, suggeriscono che l¿ossido d¿azoto (NO) possa rivestire un ruolo critico nella fisiopatologia di disordini dermatologici su base eritematosa. Alla luce delle considerazioni sopraesposte, e dell¿esperienza da noi acquisita nella determinazione delle forme bioattive ed inattive dell¿NO, la presente ricerca si propone di valutare gli effetti prodotti dall¿esposizione acuta e cronica a dosi crescenti di raggi UVB su cheratinociti in cultura. In particolare, verranno determinati:
1) l¿entità della formazione di NO, attraverso un metodo altamente sensibile e specifico in chemiluminescenza
2) la formazione di proteine modificate quali indici di stress ossidativo/carbonilico/nitrosativo, attraverso approcci metodologici diversificati (elettroforesi mono e bidimensionale, tecniche di biologia molecolare, analisi immunoistochimiche, immuno oxyblot)
3) l¿entità dell¿apoptosi fotoindotta, e l¿eventuale andamento dose-dipendente, attraverso la titolazione in vitro di attivatori chiave dell¿invecchiamento cellulare, quali, ad esempio, la proteina anti-neoplastica p53 e la cascata delle caspasi (tecniche immunoenzimatiche, fluorimetriche e di immunoblot).
Qualora si rivelasse possibile, gli effetti sopra citati verranno convalidati attraverso l¿impiego di agenti/materiali schermanti.