Il progetto di ricerca che si intende svolgere concerne i recenti sviluppi della giurisprudenza ¿ sia costituzionale, sia della Corte Europea dei Diritti dell¿Uomo ¿ in tema di insindacabilità delle opinioni, potenzialmente diffamatorie, espresse dai Parlamentari nell¿esercizio delle proprie funzioni. L¿indagine si rivela opportuna alla luce di una duplice considerazione: in primo luogo, il conflitto tra Camere ed Autorità giudiziaria in materia risulta, anche quantitativamente, assai rilevante e viene sempre più a costituire sede privilegiata per l¿osservazione del concreto operare dello strumento del conflitto d¿attribuzione; in secondo luogo, la giurisprudenza costituzionale sul punto si viene ad intersecare, dopo la sentenza Ielo c. Italia del 6 dicembre 2006, con un orientamento della Corte Europea dei Diritti dell¿Uomo che, nell¿ottica della garanzia delle posizioni giuridiche contemplate dall¿art. 6 C.E.D.U., induce alla mediata rimodulazione di alcuni istituti propri dello stesso processo costituzionale interno, quali ad esempio la partecipazione di terzi al giudizio. Se infatti con le prime decisioni in materia (Cordova c. Italia nn. 1 e 2 del 30 gennaio 2003; De Iorio c. Italia del 4 giugno 2004) la Corte europea si limitava a censurare, nel caso di intervento di una delibera d¿insindacabilità non oggetto di ricorso da parte dell¿Autorità giudiziaria, la lesione del diritto di accesso al giudice, ora un medesimo approccio sembra esser mantenuto fermo anche in ipotesi ove la Corte costituzionale era stata invece chiamata a pronunciarsi sulla delibera parlamentare (sia pure con quella forma di ¿controllo esterno¿ che caratterizzava l¿approccio superato a partire dalle sentt. nn. 10 e 11 del 2000). E, in un¿evenienza siffatta, un ¿giudice¿ si era sicuramente espresso sulla questione.
Si palesa dunque necessario procedere ad una analisi che approfondisca i problemi di recente venuti in rilievo con riferimento al tema in oggetto.