Ricerche archeologiche e paleoambientali nel sito preistorico delle Colombare di Negrar di Valpolicella (VR) e sua valorizzazione
Progetto Negli anni ’50 del secolo scorso, Francesco Zorzi, allora direttore del Museo di Storia Naturale di Verona, indagò con due campagne di scavo l’area corrispondente al sito archeologico delle Colombare di Villa di Negrar (VR), individuando, apparentemente, nove fondi di capanne dell’età del Rame. A distanza di 70 anni da quelle prima ricerche, il progetto dell’Università degli Studi di Milano, cattedra di Preistoria e Ecologia Presitorica del professor Umberto Tecchiati, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia per la provincia di Verona, dott.ssa Paola Salzani, si pone come obiettivo quello di studiare, ri-indagare e contestualizzare le Colombare nel panorama della Preistoria italiana ed europea. Dal 2019, anno di avvio del progetto, sono stati indagati 17 saggi in aree strategiche del sito, quantificato su una superficie di circa 3 ha. I saggi hanno permesso di verificare un’occupazione dell’area, senza soluzione di continuità, dal Neolitico Recente al Bronzo Finale. La riprese di uno scavo storico ha permesso di impostare la ricerca in un costante dialogo e confronto diacronico: lo scavo di 3 saggi nel pianoro di “Capanna 1” Zorzi (Zorzi 1956) ha permesso di identificare numerose strutture negative, interpretate come resti di una casa, datata al Neolitico Tardo, per dimensione coerente con le case neolitiche emiliane (v. Travo), realizzata con una tecnica costruttiva nota a nord delle Alpi (Weyragg II, AT). Novità delle ultime due campagne di scavo è stata l’evidenza di una strutturazione del versante mediante terrazzamenti, datati alla III età del Rame con tracce di frequentazione ascrivibile all’orizzonte Campaniforme, in un legame continuo di questo territorio con la sua storia agricola moderna. La ricerca, non solo di tipo archeologico ma anche di tipo paleoambientale, si accresce e si arricchisce nella multidisciplinarità, che alle Colombare è applicata in modo trasversale: indagini polliniche, carpoligiche, archeozoologiche sono affiancate da un costante confronto con specialisti di altre discipline (analisi chimiche per la ricerca di inquinanti da metalli pesanti e del sale; analisi tossicologiche per l’individuazione di analiti di origine vegetale; biomarcatori fecali; archeometria) per restituire un quadro il più possibile completo di questo sito, sorto in un’area strategica per lo sfruttamento dell’ottima selce lessinica e probabilmente in grado di porsi, nei confronti delle aree a Nord e a Sud delle Alpi, come intermediario della commercializzazione della stessa. L’ipotesi del ruolo come central place è avvalorata dalla vicinanza ai giacimenti e dalla sua strategica collocazione geografica al margine dell’idrovia atesina, come un nodo essenziale delle comunicazioni e del transfer interculturale a vasto raggio con l’area padana e alpina, il cui valore è riflesso anche nella cultura materiale. Parte fondamentale del progetto è il legame col territorio e la restituzione, sia alla comunità scientifica che ai residenti, delle nuove scoperte.