Responsabilità penale degli enti e nuovi reati-presupposto: quale modello di colpa di organizzazione?
Progetto Il d.lgs. n. 231/2001 negli ultimi anni si è arricchito, rispetto alla fisionomia originaria, di una serie numerosa di nuovi reati-presupposto della responsabilità dell’ente.
In teoria, la struttura del modello imputativo della responsabilità ex crimine rimane in ogni caso quella delineata dagli artt. 5-8 del decreto, cioè basata su un criterio di ascrizione oggettiva (interesse o vantaggio dell’ente) e su un duplice criterio di ascrizione soggettiva (differenziato in ragione della persona fisica – apicale o subordinato – che si renda autore dell’illecito penale). Tratto strutturale comune ad entrambi i paradigmi imputativi è una specifica “colpa di organizzazione” ascrivibile all’ente per non aver adottato ed attuato un modello organizzativo idoneo a neutralizzare la realizzazione del rischio di reato.
La dogmatica della colpa di organizzazione si è sviluppata avendo come riferimento una categoria di reati-presupposto caratterizzata da una struttura soggettiva costruita sul “dolo” della persona fisica: si trattava, infatti, di reati di corruzione e di truffa o malversazione ai danni dello Stato.
Lo schema della colpa elaborato in relazione a tali ipotesi mentre è tranquillamente mutuabile in relazione agli illeciti dolosi finora inseriti nel catalogo (ad es. reati societari, contro la personalità individuale etc.), può risultare viceversa inadeguato in relazione a due nuove categorie di reati inserite recentemente:
(i) alla fattispecie di omicidio colposo o lesioni commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies del decreto): la struttura colposa di questi reati-presupposto, infatti, presenta delle peculiarità che rendono differente il rapporto tra la colpa dell’ente e la concretizzazione del rischio-reato: la sovrapposizione di regole cautelari, la pluralità di eventi colposi, la possibilità che l’autore del fatto illecito non sia identificabile, sono elementi che richiedono una riconsiderazione della struttura tipica della colpa di organizzazione dell’ente; anche con riferimento ai margini di operatività del modello imputativo formalizzato dall’art. 8 del decreto, finora rimasto quiescente;
(ii)delitti di criminalità organizzata (art. 24-ter del decreto): in particolare, la previsione come reati-presupposto delle condotte associative di cui agli artt. 416 e 416-bis c.p., determina effetti di estensione della responsabilità dell’ente molto più ampi di quelli che il legislatore aveva preventivato: attraverso i reati-mezzo, infatti, il rischio di reato che l’ente è chiamato a neutralizzare si estende ad una serie indeterminata di fattispecie penali, rispetto alle quali diventa difficile tracciare i confini tipici della colpa di organizzazione.
Quanto illustrato rende opportuno un lavoro di indagine sui nuovi confini della colpa di organizzazione e, correlativamente, sulla peculiare struttura che dovrà caratterizzare i modelli di organizzazione aziendale.