E’ noto come a fronte di una globalizzazione economica scissa da una globalizzazione giuridica, si assiste oggi ad una limitazione crescente dei singoli diritti nazionali, costretti dalla normativa delle organizzazioni comunitarie ed internazionali e da nuovi principi riconducibili al concetto di soft law. Ancora più rilevante è il condizionamento dei principi regolatori del commercio internazionale, che finiscono per prevalere, indirizzando la disciplina degli interessi negoziali verso decisioni arbitrali operanti fuori dagli schemi sistemici dei diritti tradizionali, con un significativo rinvio alla lex mercatoria, come se si stesse rivivendo la medesima situazione economica e giuridica dell’economia comunale.
La ricerca si propone innanzitutto di analizzare se la rinascente lex mercatoria si possa ricollegare all’analogo istituto dell’età comunale e, in secondo luogo, l’influsso esercitato dall’esperienza giuridica romana sulla sua elaborazione. In particolare ci si propone di indagare se, al di là della matrice politica risalente alla corporazione dei Mercanti e dei Banchieri, sia possibile richiamare le categorie elaborate dai giuristi romani in materia societaria, poi interpretate, in maniera creativa, dai Glossatori. La classe mercantile, nonostante posizioni di rifiuto del diritto imperiale e di affermazione delle autonomie comunali anche sul piano della formazione del diritto, certamente utilizzò le interpretazioni giurisprudenziali medievali dei testi romani sulla natura giuridica delle corporazioni dei mestieri, affrontando il problema della loro legittimazione e del fondamento del potere giurisdizionale dei relativi organi. La risposta che fu data si basava su D. 3.4.1pr.-1 partendo dal concetto di universitas e di collegium e, agli inizi del 1200, Ugolino dei Presbiteri (Summa Digesti vet. D. 3.4 quod cuisc. univ. nomine rubr.3) ritenne che le corporazioni dovessero considerarsi delle universitates che si sottraggono al divieto di creazione posto dalla legge e che, pertanto, ai consoli delle arti veniva attribuita con la loro elezione il potere giurisdizionale; ciò sulla base della convinzione che la costituzione imperiale (CI. 3.13.3), che vietava ai privati di istituire giudici, non si applicasse ai collegia di artigiani e mercanti.