Il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento: problemi, sviluppi e prospettive alla luce dei nuovi orientamenti assunti dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
Progetto È frutto di pregiudizi ormai obsoleti l’idea che la risarcibilità del danno non patrimoniale sia ammissibile esclusivamente nell’area della responsabilità aquiliana. Tuttavia, risultano ancora notevolmente incerti i limiti e le condizioni entro cui il risarcimento di questa categoria di danno possa conseguire ad un inadempimento contrattuale. Sul punto le Sezioni Unite Civili della Cassazione (sentenze nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008) hanno affermato che «la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale è ammessa quando abbia luogo la lesione di un diritto inviolabile della persona che risulti compreso nell'area del contratto sulla base della causa concreta del negozio ovvero sulla base di una previsione di legge». In tal modo la Suprema Corte ha cercato di consolidare il principio che l'art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno», debba ritenersi comprensivo anche del danno non patrimoniale, a condizione però che l'inadempimento –secondo una lettura «costituzionalmente orientata» della norma– determini una lesione di diritti fondamentali dell’individuo. Obiettivo della presente ricerca sarà anzitutto quello di valutare la ragionevolezza di questa soluzione, attraverso un compiuto approfondimento dei suoi presupposti sistematici e l’individuazione delle sottese antinomie e incongruenze. Verranno esaminati, tra l’altro: (a) il difforme orientamento successivamente assunto da una parte della giurisprudenza, che, suggerendo una lettura restrittiva del campo di applicazione dell’art. 2059 c.c., sostiene che il danno non patrimoniale da inadempimento sia risarcibile anche quando non sussiste la lesione di un interesse protetto dalla Costituzione; (b) la possibilità –pure prospettata da alcune Corti di merito– che i limiti sanciti dalla Sezioni Unite circa il riconoscimento del danno non patrimoniale da inadempimento debbano essere superati quando la condotta inadempiente assume il carattere della sistematicità; (c) l’effettiva congruità della tesi secondo cui l’art. 1223 c.c. ricomprenderebbe tra «perdite subite e mancato guadagno» anche i pregiudizi non patrimoniali; (d) le ripercussioni, sul risarcimento del danno de quo, del requisito della «prevedibilità del danno» imposto dall’art. 1225 c.c. A conclusione del lavoro risulterà più chiara –anche attraverso significativi riferimenti al diritto europeo, ove in materia di risarcimento di danno non patrimoniale da inadempimento si dà ormai per scontato che «”loss” includes economic and non-economic loss» (cfr. Draft Common Frame of Reference, Book III, art. 3:701)– l’inadeguatezza della posizione assunta delle Sezioni Uniti, la cui insufficienza emerge con maggior evidenza in tutti quei contratti specificamente rivolti alla soddisfazione di interessi non patrimoniali non riconducibili a diritti inviolabili (si pensi al c.d. «contratto di viaggio»).