La maggior parte dell’energia di stabilizzazione dello stato nativo, biologicamente attivo, di una proteina è associata a pochi ammino acidi altamente conservati che nei primi istanti del processo di folding stabilizzano (marginalmente) delle strutture locali elementari (LES). L’interazione fra le poche LES complementari dà luogo a un cospicuo, e altamente selettivo, incremento della loro stabilità, fornendo il meccanismo di riconoscimento molecolare (indotto) che è alla base del folding delle proteine. Infatti, il loro legame dà luogo alla formazione del nucleo di folding, la struttura minima della proteina che inevitabilmente si sviluppa nella conformazione nativa.
Le LES sono popolate solo marginalmente nello stato denaturato della proteina, e dunque non sono facili da osservare. Esistono indicazioni che queste strutture possano essere stabilizzate facendo uso di peptidi (chiamati p–LES) con la stessa sequenza delle LES della proteina. Un importante effetto legato a questo scenario del riconoscimento molecolare indotto è che le p-LES impediscono alla proteina di ripiegarsi e dunque di essere attiva.
Da esperimenti di inibizione enzimatica e dall’inibizione della riproduzione virale in cellule infette non è possibile concludere se l’effetto osservato è associato all’inibizione del folding o ad un processo in cui il peptide, legandosi ad un sito diverso dal sito attivo della proteina ripiegata, produce una distorsione di questo sito impedendone o riducendo fortemente la sua possibilità di legarsi al substrato (allosterismo). Un discriminante tra i due diversi meccanismi ipotizzati è il fatto che le mutazioni necessarie per evadere l’azione di un inibitore del ripiegamento dovrebbero denaturare la proteina, cosa che non è necessariamente vera nel caso di inibizione allosterica.
Lo studio del ruolo del riconoscimento molecolare tramite le LES nel ripiegamento delle proteine si concentrerà dunque sull’effetto che mutazioni hanno nel potere inibitorio delle p–LES. Come proteina si utilizzerà la HIV–1–Proteasi, bersaglio importante nella lotta contro il virus dell’AIDS. Di questo enzima si conoscono molte mutazioni legate principalmente alla resistenza a medicinali convenzionali, ovvero che hanno come bersaglio il sito attivo, e dunque ideali per discriminare tra un meccanismo inibitorio di tipo allosterico o di folding.
Il gruppo del Dp.to di Fisica porterà avanti calcoli di protein folding con modelli semplificati, oltre a calcoli all-atom in solvente esplicito usando algoritmi di metadinamica con parallel tempering per capire a livello atomico l’interazione tra le LES complementari. Inoltre, condurrà esperimenti di attività enzimatica (spettrofotometria) e di dicroismo circolare facendo uso di HIV–1–Proteasi tipo wild type e con mutazioni espresse dal gruppo del Dp.to di Scienze precliniche, e di peptidi sintetizzati facendo uso del sintetizzatore del gruppo del Dp.to di Fisica, acquistato col fondo Grandi Attrezzature.