Oggetto della ricerca è lo studio dello sviluppo di una rete di imprese attraverso lo strumento contrattuale ed in particolare i contratti di distribuzione, con riguardo anche alla possibilità che essi siano sottoscritti da più parti.
Per contratti di distribuzione - i quali, come noto, non sono stati ancora oggetto di una lettura organica da parte del legislatore - si intende solitamente quegli accordi che costituiscono l’anello di congiunzione tra produttore e consumatore. A questa generica definizione se ne aggiungono altre che variamente propongono, come caratterizzanti la fattispecie, ulteriori caratteristiche, tra cui, di particolare importanza, la tendenziale sopportazione del rischio da parte del distributore, che dunque risulta essere un imprenditore a tutti gli effetti.
Due gli ordini di problemi che pone tale tipologia contrattuale. Il primo, legato strettamente al modularsi dello strumento contrattuale, pone l’accento da una parte, sulla configurazione delle diverse clausole contrattuali, tra le quali in particolare il patto di esclusiva di (ri)vendita, la clausola che pone a carico del rivenditore l’impegno non solo di acquistare le merci ma anche di promuoverne la commercializzazione secondo quanto stabilito dal produttore e le clausole di minimo garantito; dall’altra parte, sulla possibilità di avere al posto di diversi contratti separati, un unico contratto plurilaterale.
Il secondo ordine di problemi riguarda invece l’eventuale opportunità di una disciplina protezionistica del distributore visto come imprenditore “debole”, sulla scorta della elaborazione dottrinale della categoria del “terzo contratto” e della presenza nella legge sulla subfornitura della norma sull’abuso di dipendenza economica. Il riferimento legislativo, unito ad una lettura comparata con l’istituto americano dell’unconscionability, fornisce interessati spunti per un’evoluzione verso una maggiore protezione a livello contrattuale di soggetti che pur non possono definirsi consumatori.