Il recente notevole flusso migratorio musulmano in Italia ha posto il giurista di fronte a problemi gravi riguardanti il diritto di famiglia e precisamente se siano rilevanti e in che limiti nel nostro ordinamento alcuni istituti di diritto islamico riguardanti il minore di età.
Nella presente ricerca si prenderanno in considerazione tre istituti e precisamente quello della filiazione (in senso stretto), quello della potestà genitoriale e infine quello della kafala. Essi, come è noto, si ispirano a principi sostanzialmente diversi rispetto a quelli vigenti nel nostro diritto nazionale.
La filiazione di diritto islamico è riconosciuta solo se la generazione è avvenuta in ambito del matrimonio, non essendo conosciuto l'istituto della filiazione naturale. Sia il riconoscimento sia il disconoscimento di paternità sono possibili secondo determinate modalità, delle quali alcune hanno origine direttamente coranica.
Nel diritto islamico esiste solo la potestà genitoriale paterna, cui consegue la rappresentanza legale del minore, mentre alla madre spetta la custodia del bambino.
Infine, tramite la kafala chiunque può prendersi cura di un minore abbandonato, ma essa non è assimilabile all'adozione, rifiutata dal diritto islamico.
L'analisi, in particolare, avrà ad oggetto il rapporto di questi istituti giuridici con il diritto minorile italiano, con specifica attenzione alla giurisprudenza delle corti e all'utilizzo da parte di queste della clausola dell'ordine pubblico.