DETERMINAZIONE DEL SESSO FETALE NEL I° TRIMESTRE DI GRAVIDANZA MEDIANTE TECNICHE NON INVASIVE
Progetto L'emofilia è la più comune delle malattie emorragiche ereditarie. Si distingue in emofilia A, caratterizzata dalla carenza del fattore VIII della coagulazione con una frequenza nella popolazione di 1:5.000 e in emofilia B, caratterizzata dalla carenza di fattore IX con una frequenza di 1:30.000. Le manifestazioni cliniche più comuni sono l'emorragia intrarticolare o emartro e gli ematomi muscolari, spesso seguenti a traumi lievi o del tutto inapparenti. L'emofilia è una malattia X-linked trasmessa come carattere recessivo e si manifesta generalmente nei maschi mentre le femmine non manifestano la malattia ma possono esserne portatrici e trasmetterla ai propri figli. Nelle donne portatrici di emofilia, la diagnosi prenatale viene eseguita nel I° o II° trimestre di gravidanza attraverso il prelievo di villi coriali (10a-12a settimana di gestazione) o di liquido amniotico (15a-18a settimana di gestazione). Sia la villocentesi che l'amniocentesi sono tecniche invasive, in quanto vengono eseguite per via transaddominale sotto controllo ecografico ed hanno lo svantaggio di avere un rischio di aborto di circa 0.5-1%. Negli ultimi anni nuove tecniche non-invasive si stanno sviluppando offrendo la possibilità di una diagnosi precoce (I° trimestre) con tempi brevi di risposta e col vantaggio di ridurre stress ed ansia nelle donne in gravidanza. Tali tecniche sono basate sulla recente scoperta che DNA fetale libero è presente nel circolo materno già dalla quarta settimana aumentando con il progredire dell'età gestazionale. Nella diagnosi molecolare di malattie X-linked recessive, la determinazione del sesso fetale è possibile mediante estrazione del DNA fetale da plasma o siero materno e successiva amplificazione di sequenze di DNA Y-specifiche.
Il progetto di ricerca ha lo scopo di sviluppare una metodica non-invasiva che potrà essere utilizzata come pre-screening nelle diagnosi prenatali di donne portatrici di emofilia.
Lo studio comprenderà i seguenti punti:
- prelievo di sangue periferico materno in 60 donne in periodi gestazionali diversi (6a, 8a e 10a settimana di gestazione)
- estrazione del DNA fetale da plasma o siero materno
- amplificazione del gene della beta-globina come controllo per determinare la presenza e l'adeguata concentrazione di DNA fetale nel campione estratto
- analisi di più marcatori genici sul cromosoma Y per aumentare la specificità e sensibilità del test (SRY, DYS14, DYZ3) mediante 'Quantitative Real-time PCR'
L'ottimizzazione di una metodica per la determinazione del sesso fetale in età gestazionale precoce (I° trimestre) permetterebbe di offrire alle donne portatrici di emofilia una tecnica non-invasiva che limiterebbe la villocentesi e l'amniocentesi solo nei casi in cui il feto risultasse di sesso maschile riducendo i rischi associati alle procedure invasive e conseguentemente stress ed ansia nelle donne in gravidanza.