Valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione del frumento mediante interventi tecnologici di natura fisica ed enzimatica.
Progetto La trasformazione del frumento in prodotti alimentari prevede generalmente la macinazione del cereale a sfarinato (farina da grano tenero; semola da grano duro), processo che, contemporaneamente, permette l'allontanamento di crusca e germe, sottoprodotti destinati alla mangimistica. Tale pratica, che può essere giudicata poco razionale da un punto di vista nutrizionale se si considera l'elevato contenuto in fibra, vitamine, composti minerali e antiossidanti di queste regioni, è giustificata dalla limitata stabilità della componente lipidica del germe e della potenziale contaminazione della crusca da parte di residui di pesticidi, micotossine e metalli pesanti. Non va inoltre dimenticato l'obiettivo "tecnologico" della raffinazione: la fibra insolubile, principale costituente delle regioni cruscali, compromette la performance degli sfarinati di frumento. Pane e pasta da sfarinati integrali, infatti, sono giudicati inferiori dal punto di vista sensoriali rispetto ai medesimi prodotti preparati con sfarinati raffinati.
La ricerca si propone di mettere a punto trattamenti di natura fisica ed enzimatica per valorizzare i sottoprodotti dei cereali, ottenendo semilavorati arricchiti in composti funzionali e, contemporaneamente, con accresciute proprietà tecnologiche. Al fine di raggiungere tali obiettivi, ci si propone di sottoporre la granella di frumento ad un primo processo di abrasione (asportazione del 3-5% delle parti tegumentali più esterne) in grado di eliminare i contaminanti chimici e microbici presenti sulla superficie del chicco.
La granella così decorticata sarà sottoposta ad una macinazione convenzionale, oppure ad una seconda operazione di decorticazione per promuovere il distacco e la separazione dei rimanenti strati corticali, ricchi in minerali e fibra insolubile, e dello strato aleuronico, ricco in proteine e componenti funzionali. La crusca e le frazioni separate con la decorticazione, in particolare quella che raccoglie le parti corticali particolarmente ricche di fibra insolubile, saranno sottoposte a successivi trattamenti fisico-meccanici ed enzimatici con l'intento di indurre una parziale depolimerizzazione dei polisaccaridi non amido. Questa trasformazione (che sarà controllata mediante approcci analitici di natura chimica e microscopica) è potenzialmente associata a più effetti positivi: a livello di proprietà tecnologiche, la fibra così modificata dovrebbe produrre solo un trascurabile indebolimento del reticolo del glutine e, considerata la sua spiccata idrofilicità, rallentare i fenomeni di invecchiamento del pane e di altri prodotti da forno. La depolimerizzazione potrebbe, infine, favorire un aumento del contenuto di fibra solubile, oggi ritenuta la frazione più interessante a livello nutrizionale.