Sulla base delle affermazioni più note della dottrina, divisa fra una ipotesi di incapacità sistematica dei giuristi ad elaborare i concetti fondamentali della patologia del negozio e soprattutto la mancanza di un'analisi teorica sul fenomeno negoziale, e altra parte che, estremizzando il ragionamento, giunge alla conclusione che comunque il negozio invalido sarebbe inesistente, sorgono dubbi sulla credibilità del percorso dottrinario e sulle conclusioni prospettate.
Poiché dalle varie espressioni usate nelle fonti, relative alla patologia del negozio, emergono immagini contrastanti non riconducibili, comunque, alle conclusioni semplificative cui è pervenuta la dottrina, appare possibile ipotizzare una diversa linea interpretativa basata sulla considerazione che i giuristi affrontarono la tematica della patologia del negozio da angoli visuali diversi: soggettivo, oggettivo ed effettuale; si pensi ad esempio alla diversità di significati tra "non valeat testamentum" e "inutiliter testabitur". Una tale prospettiva, se confermata, condurrebbe a sostenere possibile una diversa posizione del giurista rispetto alla patologia del negozio e allo stesso fenomeno negoziale nel suo complesso. In tale ottica troverebbero loro precisa collocazione le radici legittimanti le innovazioni del pretore in materia di vizi della volontà e degli atti diversi che conducono all'annullabilità del negozio.
La nullità, poi, può essere rapportata non soltanto ad una astratta analisi del fenomeno negoziale ma anche al diverso atteggiamento che rispetto alla validità degli atti assumono le statuizioni normative. E' noto, infatti, che la lex, rispetto al dispositivo, può essere perfecta, minus quam perfecta, imperfecta. Rispetto a tale diverso atteggiamento del dispositivo l'atto negoziale compiuto in violazione della pronuncia di legge può essere nullo (lex perfecta) ovvero rimanere valido (minus quam perfecta, imperfecata). In tale ottica appare ovvio ritenere che l'atto negoziale pur dichiarato nullo deve essere ritenuto esistente e che la nullità di esso intanto può esistere in quanto sia stata prevista dallo ius e dalla lex.
A questa sequenza corrisponde oggi la nota problematica della nullità virtuale in relazione al disposto dell'art. 1418 c.c. nel caso in cui si operi in violazione di norme imperative che, ovviamente, possano non prevedere la nullità dell'atto compiuto in violazione di esse.