Negli ultimi decenni si è verificato un profondo mutamento dell'organizzazione e delle strutture produttive: all'impresa fordista tradizionale si è andata sostituendo una "impresa leggera" che realizza al suo interno solo una parte del processo produttivo, esternalizzando le parti restanti verso una miriade di micro-imprese, nonché verso il lavoro autonomo coordinato e continuativo (L. n. 741/1959; art. 409, n. 3, c.p.c.; art. 49 del TUIR), oggi a progetto (artt. 61 e ss., D.Lgs. 276/2003).
Questi dati denotano la presenza di istanze contrastanti: da una parte l'esigenza imprenditoriale di un'organizzazione - anche del lavoro - sempre più flessibile, duttile, adattabile alle richieste del mercato; dall'altra l'esigenza dei lavoratori è anche se legati al committente da un contratto di lavoro autonomo - di certezze, tutele, stabilità di reddito, di lavoro e di vita. Le particolari figure di lavoro autonomo utilizzate comportano, infatti, con rilevante frequenza la dipendenza economica del lavoratore dal committente, in conseguenza della (statisticamente prevalente) esclusività del rapporto di lavoro e, dunque, della unicità della fonte di reddito.
In presenza di questo panorama pare di grande interesse una indagine volta a ricercare in quali termini possano sorgere ed ottenere tutela giuridica forme di organizzazione e azione collettiva che sopperiscano alla naturale debolezza dei soggetti singolarmente considerati e all'assenza, o al debole intervento, del legislatore nella disciplina del rapporto di lavoro autonomo.
La problematica della tutela collettiva del lavoro autonomo pone però rilevanti questioni giuridiche, che toccano le grandi tematiche del diritto sindacale, coinvolgendo tanto l'art. 39 Cost., quanto l'art. 40 Cost.
In primo luogo occorrerà dunque delineare l'ambito soggettivo di applicabilità dell'art. 39 Cost. sì da comprendere se le tutele da questo predisposte valgano anche per il lavoro autonomo. Inoltre dovrà essere analizzata anche la legge ordinaria, in modo da verificare se vi siano norme (in primis la L. 300/1970) che, esplicitamente o implicitamente, riconoscono ai lavoratori autonomi la libertà di organizzazione sindacale.
Gli esiti dell'indagine sul tema della libertà sindacale dei lavoratori autonomi si riflettono inevitabilmente anche sulla valutazione degli aspetti più propriamente conflittuali di tale azione.
L'argomento è di particolare attualità e rilevanza, posto che numerose categorie di lavoratori autonomi (quali ad esempio i medici convenzionati con l'I.n.a.m., i farmacisti convenzionati U.s.l., i tabaccai , gli avvocati) hanno dato vita ad astensioni collettive dal lavoro, rivelatesi "simili" allo sciopero quanto a modalità e, talora, finalità. Azioni collettive queste, il cui inquadramento e regolamentazione si sono rivelate assai difficili, specie ove si consideri il contrastante dettato della rubrica e dell'art. 2bis della L. 146/1990.