La ricerca prende in esame la speciale disciplina riservata al "fattore età" nella dir. 2000/78/CE che «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
Nell'ambito della direttiva, un regime particolare viene riservato alle disparità di trattamento in funzione dell'età, in modo che risultano ridotte, rispetto alle disparità fondate su altri motivi o caratteristiche personali del lavoratore, le ipotesi in cui differenti condizioni di occupazione e di lavoro connesse all'età costituiscono trattamenti discriminatori. Infatti, l'art. 6, n. 1, 1° co. della dir. dispone che «gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari». Il 2° co. del medesimo art. 6, n. 1 aggiunge poi che «Tali disparità di trattamento possono comprendere ...: a) la definizione di condizioni speciali di accesso all'occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, ...; b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l'accesso all'occupazione o a taluni vantaggi connessi all'occupazione; c) la fissazione di un'età massima per l'assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento». Ammettendo giustificate e ragionevoli differenziazioni di trattamento in relazione all'età, si vuole consentire agli Stati membri il perseguimento di legittime finalità sociali e l'adattamento delle condizioni di occupazione e di lavoro a precise categorie anagrafiche di lavoratori, nonché il bilanciamento del mercato del lavoro sotto il profilo intergenerazionale.
Tale norma, ispirata a una logica di contemperamento tra il generale divieto di discriminazione e la concreta necessità di una gestione flessibile del mercato del lavoro a livello nazionale, apre tuttavia margini di incertezza giuridica. La ricerca si propone di definire, attraverso la disamina della dottrina e della giurisprudenza nazionale e comunitaria, la sottile linea di demarcazione tra il giuridico divieto di discriminazione basata sull'età e l'ampia discrezionalità politica nella gestione del mercato del lavoro riconosciuta agli Stati membri.