Obiettivo di questa ricerca è analizzare alcuni recenti interventi giurisprudenziali, legislativi e, infine, interpretativi, di fonte sia comunitaria che nazionale, che man mano stanno chiarendo alcuni punti, controversi quanto centrali, della figura dell¿in house providing . Figura che, a sua volta, rappresenta uno dei momenti di più rilevante, attuale, cambiamento in settori quali l¿impresa pubblica e la disciplina della scelta del gestore di servizi pubblici e, più in generale, del contraente delle Pubbliche Amministrazioni. Ci si occuperà in particolare della compatibilità tra in house providing e diritto societario nazionale e con la giurisprudenza comunitaria sulla golden share che, recentemente, ha inciso sullo stesso codice civile italiano, portando, in seguito al caso AEM, all'abrogazione della facoltà di nomina extrassembleare di amministratori da parte del socio pubblico. In particolare, il Regolamento CE n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, procedendo, per la prima volta, alla codificazione espressa dell¿in house, tramite la introduzione della definzione di operatore interno, inteso come «un soggetto giuridicamente distinto dall¿autorità competente, sul quale quest¿ultima o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi» (art. 2, lett. i) ha ulteriormente precisato, in senso rafforzativo, il dato della partecipazione pubblica alle scelte gestionali quale requisito necessario del controllo analogo. All¿art. 5, comma 2, lett. a), si parla, difatti, quali condizioni del controllo analogo, de «l¿influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione». Con il che sembra emergere che non sono solo le decisioni più importanti (come invece affermato dalla Corte di giustizia nelle pronunce Parking Brixen e Carbotermo ), ma altresì quelle singole e, si potrebbe dire, quindi, (anche) minori, a dover essere controllate dal pubblico, con conseguente pressoché indiscriminato esautoramento dell¿organo amministrativo societario, in contrasto con la competenza gestoria che il nostro ordinamento societario vuole in capo agli amministratori. Quanto alla giurisprudenza sulla golden share, essa, esigendo la assenza di privilegi pubblicistici in capo al socio pubblico, ulteriormente segnala la difficoltà di giungere a riconoscere il rapporto in house, almeno nell'ambito dell'ordinamento nazionale. Visto che peraltro alcune norme nazionali (ed in specie l'art. 113 TUEL) sembrano ritenere possibile la gestione in house di servizi pubblici locali a mezzo di società a partecipazione pubblica totale, pare individuabile un ambito di ricerca di ampio interesse teorico e rilevanza pratica, ossia quello di capire se e a quali condizioni le prese di posizione del legislatore nazionale possano dirsi comunitariamente legittime.