Alcuni recenti fatti inducono a ripensare ad un tema che in passato ha già suscitato un dibattito molto fecondo, quello della ¿democraticità¿ interna delle organizzazioni partitiche: si pensi all¿abbandono, con la l. n. 270 del 2005, del collegio uninominale a favore di liste elettorali bloccate, che hanno di fatto attribuito ai vertici dei partiti il compito di selezionare i candidati; alla positiva esperienza delle ¿primarie¿ per la scelta di alcuni candidati a cariche monocratiche; alla riflessione che si è aperta in alcuni grandi partiti in ordine alla loro ri-organizzazione interna; alla necessità di trovare una formula organizzativa idonea alla creazione di un nuovo soggetto politico formato dalla fusione di partiti di lunga tradizione.
In questo contesto appare utile ragionare nuovamente sulla possibilità e i limiti, per il legislatore, di imporre regole di organizzazione interna ai partiti politici, con l¿obiettivo di garantire un certo tasso di democraticità.
La cornice costituzionale entro cui si muove questa ricerca è costituita dall¿analisi degli artt. 18 e 49 della Costituzione. L¿obiettivo è quello di comprendere se la posizione ¿privatistica¿ assegnata ai partiti dai costituenti sia ancora attuale, tenuto conto del riconoscimento normativo che essi hanno avuto nel corso degli ultimi decenni (v. finanziamento pubblico dei partiti).
Secondo quanto emerge dai lavori preparatori, l¿art. 49 Cost. intende, infatti, sancire il principio del pluralismo partitico e il riferimento al ¿metodo democratico¿ in esso contenuto non consente né controlli sull¿ideologia dei partiti, né impone una certa organizzazione interna.
E¿, tuttavia, da ritenere che il fatto che la nostra Costituzione non imponga che i partiti si dotino di una struttura interna ¿democratica¿ non escluda che il legislatore possa regolare i partiti. Tale intervento non può dirsi di per sé precluso per il solo fatto che la Costituzione non l¿abbia espressamente previsto: ciò che conta è che l¿intervento limitativo delle libertà di organizzazione dell¿associazione-partito risponda a finalità di rango costituzionale
Il problema preliminare è, dunque, quello di comprendere quali ragioni costituzionali giustificherebbero una limitazione della libertà di scegliere le modalità organizzative funzionali al perseguimento dello scopo che l¿associazione si pone.
Una volta individuati i principi costituzionali che una legge regolativa dei partiti andrebbe a tutelare, sarà necessario verificare quali contenuti minimi essa dovrebbe contenere. A questo scopo si procederà all¿analisi dei disegni di legge già presentati in Parlamento, ma anche all¿analisi degli statuti dei partiti per verificare se tale normativa sarebbe, o meno, innovativa.