L'ipotesi è che gli accadimenti post-11 settembre sollevino domande teoriche che chiamano specificamente in causa le competenze della filosofia politica, evidenziando nello stesso tempo la rilevanza della sua dimensione filosofica:
1. per quel che riguarda la desiderabilità di criteri di giudizio sui fatti politici che permettano di non subirne radicalmente la contingenza;
2. per quel che riguarda un resoconto specificamente normativo della predittività;
3. per quel che riguarda l'interesse normativo a posizionarsi tra stati del mondo politicamente preferibili e politicamente intollerabili.
Le domande che ci si trova di fronte non riguardano i confini di accettabilità di una specifica forma di vita, quella liberaldemocratica, ma spostano l'attenzione su condizioni di ottimalità che riguardano il possibile ordinamento di forme di vita politica alternative. Se si può ritenere che la filosofia politica liberale sia posta a confronto con nuove varianti dei suoi antagonisti abituali, e alla rivitalizzazione di questioni filosofiche determinanti per i primi filosofi liberali, è probabile che si debba pensare a una filosofia politica di impronta lockeana, interessata alla valutazione comparativa di regimi e alla difesa filosofica del secolarismo politico. In questo senso il "debolismo" filosofico del paradigma dominante nella filosofia politica post-positivistica non sembra congeniale a elaborare soluzioni pertinenti e persuasive.