In questo secondo anno l¿unità di ricerca si propone di approfondire questioni emerse nel corso del primo anno di ricerca. Il lavoro era scaturito da una serie di studi e approfondimenti di équipe condotti da alcuni anni, e dalla constatazione che i più importanti cicli di pittura murale nell¿alta Lombardia (provincie di Como, Lecco, Bergamo, Milano) fra l¿anno Mille e il Duecento non erano mai stati adeguatamente analizzati sotto il profilo iconografico e iconologico, volto a identificare i rapporti fra i soggetti, la committenza, il contesto nonché la tradizione tardo-antica e altomedievale dalla quale, almeno in parte discendono.
Per i dipinti murali particolare attenzione è dedicata fra l¿altro al `programma¿ sotteso alla famosa parete absidale di San Vincenzo a Galliano. È stata analizzata anche la nota decorazione della navata di San Calocero a Civate dal punto di vista dei rapporti con l¿esegesi biblica e con le istanze della riforma gregoriana. Una novità è rappresentata dagli affreschi bergamaschi di San Michele al Pozzo Bianco di Bergamo, non ancora soddisfacentemente studiati, con originali rappresentazioni dell¿ ¿Inferno¿ e del ¿Paradiso¿.
La ricerca si propone l¿obiettivo di iniziare la costituzione di un `corpus¿ iconografico della pittura murale del Medioevo lombardo e di produrre una prima raccolta collettiva di studi a titolo di esemplificazione metodologica.
Promettente sembra anche una parallela indagine sulle fonti relative alle tecniche pittoriche con le quali questi cicli sono stati realizzati, mirata a definire i contesti di formazione e aggregazione di queste raccolte, che meritano maggiori approfondimenti di quanto abbiano sinora ricevuto. A cominciare dalla verifica delle possibili radici lombarde, o almeno italiane, di una parte del più celebre di questi testi, e cioè del primo libro, sulla pittura, del trattato De diversis artibus del Teofilo, in base a due ordini di motivi: il primo è l¿ appellativo di ¿tractatus lombardicus¿ presente in due testimoni (Egerton 840A e Parigino Latino 6741), tra i più antichi sul piano della tradizione del testo del Teofilo; mentre il secondo tiene conto di recenti ricerche portate avanti dall¿équipe di Robert Halleux, che hanno dimostrato l¿origine cassinese di alcune porzioni del testo.