Le differenti misure volte a consentire la conciliazione fra vita professionale e vita familiare (individuate in Italia con la legge 8 marzo 2000 n. 53) possono essere intese come un diritto fondamentale degli uomini, delle donne e dei loro figli la cui attuazione consentirebbe loro di compiere la propria realizzazione personale nella vita privata e familiare, così come nella vita sociale e pubblica. Questa visione si discosta da quella più abituale che intende le politiche della conciliazione come rivolte a tutelare principalmente i bisogni egli interessi delle donne come lavoratrici e come madri. Essa è enunciata, in particolare, nell¿ambito del Consiglio d¿Europa in specifiche risoluzioni in cui si puntualizza altresì che il diritto alla conciliazione costituisce il fondamento di "un nuovo contratto sociale di genere" in cui la parità effettiva fra uomini e donne fungerebbe da presupposto di cittadinanza e garanzia dell¿autonomia e delle libertà individuali.
La ricerca si propone di definire i punti nodali di questa nuova "idea-forza" del diritto alla conciliazione, e di verificare quanto in Italia essa sia penetrata e diffusa nelle rappresentazioni sociali a livello tanto di elaborazione culturale quanto di pratiche effettive nell¿ambito delle politiche sociali, nelle imprese e nelle famiglie (con riguardo alla divisione del lavoro domestico e di cura). A tale scopo si procederà: a) all¿analisi della letteratura in argomento, anche straniera, e dei materiali documentali di differente natura, nel contesto italiano; b) alla realizzazione di alcune interviste in profondità a testimoni privilegiati (consigliere di parità, rappresentanti sindacali, iscritti ad associazioni di padri e per la promozione della paternità) e a un campione di studenti e studentesse universitari per indagare sul grado di consapevolezza delle finalità del nuovo diritto nonché degli elementi conflittuali, in ambito sia privato sia pubblico, connessi con la sua attuazione.