La difficoltà nel trovare i nomi è costante nella malattia di Alzheimer. Le parole perse più precocemente nella malattia sono in genere quelle usate meno frequentemente, apprese più tardi, e che denotano oggetti meno familiari. Dal punto di vista psicolinguistico, frequenza ed età di acquisizione sono associate alle etichette lessicali, mentre la familiarità è associata al significato delle parole.
Un importante problema metodologico è che un paziente può dare risposte diverse allo stesso stimolo anche ad una ravvicinata ripresentazione del compito, per cui è impossibile decidere in modo assoluto se una data parola sia conservata o meno. L'incoerenza delle risposte pone problemi di calcolo recentemente risolti da Capitani et al. (2004) per mezzo di un'analisi della regressione logistica in cui i singoli stimoli vengono ponderati in modo proporzionale alla loro percentuale di risparmio. Il metodo permette di individuare anche quali variabili predicano l'evoluzione dinamica della sopravvivenza di ogni parola e quindi quali componenti del processo di denominazione si stiano deteriorando.
Si studieranno 15 pazienti di Alzheimer, da esaminare due volte con intervallo di un anno. Ad ogni occasione verranno sottoposte al paziente, entro 1-2 giorni, tre somministrazioni di un test (Laiacona et al, 1997) che comprende 80 stimoli da denominare (figure) di cui sono note frequenza lessicale, età di acquisizione, familiarità, etc. Per ogni soggetto verrà eseguita un'analisi della regressione logistica ponderata sia nella prospettiva trasversale che in quella longitudinale. I risultati risponderanno alle seguenti domande: (i) se vi siano per ogni paziente variabili in grado di prevedere in modo specifico il successo nella denominazione, (ii) se queste siano sempre le stesse nel corso della storia clinica di ogni paziente, (iii) se pazienti diversi siano influenzati da variabili diverse, e se il tipo di errori commessi da ogni paziente sia coerente con le varibili significative.