Oltre il ragionevole dubbio: la regola di giudizio nel processo penale italiano e nella esperienza di common law
Progetto Ricalcando la regola di giudizio cardine dei sistemi di common law, il legislatore italiano ha recentemente introdotto (l. 20 febbraio 2006 n. 46) tra i presupposti della sentenza di condanna la necessità che l¿imputato risulti colpevole ¿al di là di ogni ragionevole dubbio¿ (art. 533 comma 1 c.p.p.).
Tale formula nel processo penale anglo-americano fa parte delle istruzioni che il giudice è tenuto ad impartire alla giuria popolare, non esperta di diritto, prima che questa si ritiri per discutere il verdetto ed ha la funzione di evidenziare il principio per cui, in caso di incertezza, l¿imputato deve essere dichiarato non colpevole.
Nell¿ambito di tale sistema, posto che nella ricostruzione del fatto storico l¿assoluta certezza non è mai raggiungibile, meritano attenzione i risultati cui è pervenuta la giurisprudenza nel tentativo di definire il concetto di colpevolezza ¿al di là di ogni ragionevole dubbio¿, sia in termini quantitativi, individuando il valore percentuale oltre il quale può dirsi provata con sufficiente certezza la colpevolezza, sia in termini qualitativi, attribuendo alla regola dell¿oltre ogni ragionevole dubbio il significato non di ¿minimo dubbio¿, bensì di ¿alto grado di probabilità¿.
È opportuno verificare il quid novi di tale regola di giudizio nel tessuto normativo del sistema processuale penale italiano, ove la previsione, a parte il valore simbolico, introduce un criterio di certezza nel giudizio probatorio, che già trova riconoscimento, sul piano precettivo, nella norma sull¿assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova, e a cui, peraltro, già fa riferimento la giurisprudenza quale parametro per stabilire il livello di prova necessario per l¿accertamento della colpevolezza.