L'obiettivo primario nella terapia dell'infarto acuto del miocardio e' quello di ridurre le complicanze post-ischemiche e la mortalita' riuscendo a revertire l'estensione dell'area infartuata del miocardio. Tra i provvedimenti terapeutici che, da soli o in associazione, si sono dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di infarto si possono annoverare i beta-bloccanti, i Ca2+-antagonisti, gli ACE-inibitori, i diuretici, le statine, i nitrati. In questi ultimi anni l'endotelio e' stato riconosciuto come un organo ad elevata funzione metabolica, una fucina di sostanze vasoattive interagenti nel mantenimento dell'omeostasi cardiovascolare. Infatti, numerose sono le evidenze sperimentali e cliniche che indicano nel danneggiamento endoteliale una componente di primaria importanza nel processo aterosclerotico, nell'ipertensione, nel diabete e nella cardiopatia ischemica. Tra i fattori vasorilassanti di origine endoteliale emergono l'ossido d'azoto (NO) e la prostaciclina (PGI2). Questi fattori sono instabili e si comportano come ormoni locali ad attivita' protettiva verso cambiamenti abnormi del tono vascolare e sono in grado di controllare l'adesivita' e l'attivazione di vari elementi circolatori (neutrofili, monociti, piastrine, etc.). Mentre sono note da tempo le tappe della cascata ossidativa dell'acido arachidonico che portano alla formazione di PGI2 e' ancora dibattuto il pathway metabolico responsabile della generazione di NO. La perdita dei meccanismi di protezione (mancata formazione di PGI2 e di NO) espone la parete vasale all'effetto vasocontratturante diretto di numerosi fattori che mediano vasospasmo (endotelina-1, angiotensina) ed aumentano il rischio trombotico. Mediante l'utilizzo di metodologie farmacologiche in vitro ed in vivo, in questo progetto si cerchera' di individuare nuove strategie terapeutiche per la comprensione dei fini meccanismi che sono alla base di numerose patologie cardiache.