Data di Pubblicazione:
2018
Citazione:
PACTUM DE NON PETNDO: PROFILI CRITICI E RICOSTRUTTIVI / A. Farina ; tutor: F. Delfini, A. Ciatti Caimi. DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO, 2018 Mar 08. 30. ciclo, Anno Accademico 2017. [10.13130/farina-angelo_phd2018-03-08].
Abstract:
PACTUM DE NON PETENDO: PROFILI CRITICI E RICOSTRUTTIVI.
ABSTRACT
Malgrado i patti di inesigibilità del credito non abbiano ancora avuto nel nostro ordinamento una specifica regolamentazione, non può dubitarsi l’istituto, pur così storicamente datato, giochi un ruolo di centrale importanza nella realtà contemporanea. In particolare proprio la crisi epocale delle economia in cui attualmente si versa sembra destinata a rendere ancora più attuale la funzione espletata dall’istituto sia con riguardo all’attività di impresa sia con riferimento a rapporti obbligatori insorti al di fuori di tale perimetro.
Svariate sono le applicazioni dell’istituto che si sono diffuse nella prassi per come è dato desumere dalla rilevanza che le stesse hanno avuto in sede giudiziaria. La versatilità del pactum spazia, a titolo meramente esemplificativo, dagli accordi coniugali in sede di separazione, al pactum de non exsequendo, o al pactum de non petendo utilizzato per prevenire una situazione di insolvenza di imprese.
L’analisi prende le mosse da una ricostruzione storica, imprescindibile per la comprensione dei problemi sottesi all’istituto, cui è dedicato il capitolo primo. Il pactum de non petendo per il diritto romano classico individuava un negozio informale, con cui il creditore si impegnava nei confronti del debitore a non richiedere, mai più o per un certo tempo, l’adempimento della prestazione. Fu il diritto pretorio ad attribuire rilevanza giuridica al pactum.
L’istituto del pactum de non petendo, nel diritto romano classico, non rappresentava un modo di estinzione delle obbligazioni. Esso aveva in comune con il contiguo istituto dell’accepitlatio il fine di rimettere il debito, ma se ne distingueva in quanto appunto la prima estingueva direttamente l’obbligazione, mentre il pactum era destinato ad operare sul piano processuale a mezzo di una exceptio, che consentiva al debitore di paralizzare l’azione del creditore.
La contrapposizione appena evocata, fondata sulla effettiva diversità degli effetti del pactum e dell’acceptilatio, venne a perdere, nel periodo successivo, il proprio significato in ragione soprattutto del venir meno del dualismo tra diritto civile e diritto pretorio, che giustificava, sia pur su piani diversi (sostanziale e processuale) l’affiancamento dei due istituti.
Una delle principali sfide della dottrina contemporanea è dunque l’individuazione della natura giuridica del patto di inesigibilità, resa ardua da un lato dalla citata contiguità con l’istituto della remissione, e dall’altro dalla mancanza di una disciplina legislativa dell’istituto. Al tema della natura giuridica del pactum de non petendo è dedicato il secondo capitolo, che esamina le varie posizioni dottrinali espresse sull’argomento, a cominciare proprio da quella che riconduce il pactum perpetuo alla remissione del debito. L’analisi procede con la tesi che nega al pactum un’efficacia estintiva del preesistente rapporto obbligatorio, attribuendogli un’efficacia meramente obbligatoria. Secondo tale impostazione, il patto sarebbe fonte di un’obbligazione negativa ( a non chiedere l’adempimento) gravante sul creditore, che si aggiunge all’obbligazione originaria cui esso accede. Altra dottrina, di contro, ha negato che il patto di inesigibilità possa costituire fonte di una nuova obbligazione, qualificando il patto come mero “atto di tolleranza” concesso al debitore per permettergli l’adempimento tardivo. Infine, si prendono in esame le due posizioni dottrinali più recenti espresse sul punto: la prima, che qualifica il patto come fattispecie riduttiva del rapporto obbligatorio; e la seconda (alla quale si aderisce) che lo considera alla stregua di negozio regolamentare, ovvero
Tipologia IRIS:
Tesi di dottorato
Elenco autori:
A. Farina
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